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il re del po

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"Io ho tutto quello che potevo chiedere dalla vita: il Po, la natura, il tempo ed ... i bambini."

Occhi vispi, mani consunte di fatica ed un sorriso entusiasta dipinto sul viso.

Cosi si è presentato Alberto, emiliano, classe 1942, soprannominato affettuosamente da tutti "il re del Po".

Un re che in quarant'anni ha recuperato dal fiume oltre 28000 tronchi d'albero per dare vita al suo regno, al suo più grande sogno: costruire un castello, un veliero ed un parco giochi tutti allo stesso tempo, dove chiunque vi entri possa tornare bambino.

Torri da difendere e giochi a prua,

ponti, altalene e case delle bambole a poppa.

E nel mezzo, una fantasia degna di artista.

"Questo è il confine. Là fuori sei un uomo adulto, qui dentro sei un bimbo di 4 anni.

Si, perchè i bambini sono tutto, sono la nostra speranza.

Ora guardati attorno e torna a sognare come loro."

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Sorride Alberto mentre mi racconta orgoglioso quante volte è caduto rovinosamente costruendo il suo mondo.

Rimediando talvolta solo delle contusioni, talvolta invece rompendosi anche costole e gambe, senza mai lamentarsi o arrendersi.

Le sue mani e le migliaia di chiodi sparsi qua e là sono il simbolo di tutto l'impegno, la fatica, la caparbietà e la dedizione più sconfinata di quest'uomo.

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"Io provengo da un pianeta a 50 anni luce dalla terra e lì da me non ci sono i problemi che avete voi qui.

Inquinate ovunque, non vi sta mai bene niente, siete sempre insoddisfatti di tutto ammalandovi di questo o peggio, togliendovi la vita per questo."

I suoi occhi sono vispi, accesi e nonostante l'età sprigionano ancora l'energia e la vitalità di un drago.

Poi si guarda in giro e conclude: "Avete attorno già tutto ciò che vi serve e neanche ve ne accorgete."

Giorno dopo giorno, tronco dopo tronco e malgrado le continue piene dell'adiacente fiume, il fango e la pioggia, il regno fantastico del Re del Po resiste, ampliandosi sempre di più.

Ha creduto talmente tanto nel suo sogno di creare un posto fuori dal tempo che lui stesso è diventato un personaggio fuori dal tempo.

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Mi invita ad entrare nella sua capanna, o meglio dire, nel suo castello fatto di tutto ciò che in quarant'anni ha ritrovato nel fiume.

Mi illustra con grande orgoglio vecchi telefoni, sedie rotte, targhe, vasetti, cestini rotti, ciafrusaglie di vario genere.

Tutto ciò che altri definivano rifiuti, per lui sono diventati arredamento, parte integrante del suo mondo.

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Purtroppo il tempo a mia disposizione è terminato ed Alberto mi saluta calorosamente.

Difficile tornare a casa senza ripensare alle sue parole, ai suoi concetti ed alla sua visione della vita, così tanto semplice ed estrema quanto disarmante, in un mondo ormai corrotto da consumismo e potere.

Ci lasciamo con una forte stretta di mano e l'auspicio di rivederci presto, molto presto, tornando a mia volta con altri amici a fargli visita.

"Mi raccomando, porta tanti bambini, tutti quelli che riesci. Qui sono e saranno sempre i benvenuti."

Cosi sarà caro Alberto, grandi o piccoli che siano questi bimbi, con ancora l'orsetto tra le braccia o con una cravatta colorata legata al collo, tu hai da insegnare molto ad ognuno di loro. E di noi tutti.

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